Comunità etniche
“La Chiesa allarga le sue braccia per accogliere tutti i popoli, senza distinzioni e senza confini e per annunciare a tutti che «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16)” (dal Messaggio di Papa Francesco, 101° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato)
Alcuni paragrafi del documento del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti “Erga migrantes caritas Christi. Istruzione” per comprendere la visione della Chiesa sulle migrazioni e la fede.
“Il passaggio da società monoculturali a società multiculturali può rivelarsi segno di viva presenza di Dio nella storia e nella comunità degli uomini, poiché offre un’opportunità provvidenziale per realizzare il piano di Dio di una comunione universale“. (9)
“La Chiesa ha sempre contemplato nei migranti l’immagine di Cristo, che disse: “Ero straniero e mi avete ospitato” (Mt 25,35). La loro vicenda, per essa, è cioè una provocazione alla fede e all’amore dei credenti, sollecitati così a sanare i mali derivanti dalle migrazioni e a scoprire il disegno che Dio attua in esse, anche qualora fossero causate da evidenti ingiustizie.
Le migrazioni, avvicinando le molteplici componenti della famiglia umana, tendono in effetti alla costruzione di un corpo sociale sempre più vasto e vario, quasi a prolungamento di quell’incontro di popoli e razze che, per il dono dello Spirito, nella Pentecoste, divenne fraternità ecclesiale“. (12)
“Nella Chiesa tutti devono infatti trovare la “loro Patria“: essa è il mistero di Dio tra gli uomini, mistero dell’Amore mostrato dal Figlio Unigenito, specialmente nella sua morte e resurrezione, affinché tutti “abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10), tutti trovino la forza per superare ogni divisione e facciano sì che le differenze non portino a rotture ma a comunione, mediante l’accoglienza dell’altro nella sua diversità legittima”. (27)
Migranti cattolici
In relazione ai migranti cattolici la Chiesa contempla una pastorale specifica, dettata dalla diversità di lingua, origine, cultura, etnia e tradizione, o da appartenenza ad una determinata Chiesa sui iuris, con proprio rito, che si frappongono spesso a un pieno e rapido inserimento dei migranti nelle parrocchie territoriali locali, o che sono da tener presenti in vista dell’erezione di Parrocchie o Gerarchia propria per i fedeli di determinate Chiese sui iuris. Ai tanti sradicamenti (dalla terra d’origine, dalla famiglia, dalla lingua, ecc.) a cui l’espatrio forzatamente sottopone, non si dovrebbe infatti aggiungere anche quello dal rito o dall’identità religiosa del migrante. (49)
Migranti cattolici di rito orientale
I migranti cattolici di rito orientale, oggi sempre più numerosi, meritano una particolare attenzione pastorale. Ricordiamo anzitutto, a loro riguardo, l’obbligo giuridico di osservare dovunque ‑ quando sia possibile ‑ il proprio rito, inteso come patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare (cfr. CCEO can. 28, §l e PaG 72).
Di conseguenza “anche se affidati alla cura del Gerarca o del parroco di un’altra Chiesa sui iuris, rimangono tuttavia ascritti alla propria Chiesa sui iuris” (CCEO can. 38); anzi, l’usanza, pur a lungo protratta, di ricevere i sacramenti secondo il rito di un’altra Chiesa sui iuris, non comporta l’iscrizione alla medesima (CIC can. 112, §2). Vi è, infatti, divieto di “cambiare rito senza il consenso della Sede Apostolica” (CCEO can. 32 e CIC can. 112, §1).
I migranti cattolici orientali, poi, fermo restando il diritto e il dovere di osservare il proprio rito, hanno pure il diritto di partecipare attivamente alle celebrazioni liturgiche di qualunque Chiesa sui iuris, quindi anche della Chiesa Latina, secondo le prescrizioni dei libri liturgici (cfr. CCEO can. 403, §1).
Leggi il documento completo: Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti)