Il Card. Betori in visita al campo Rom di Sesto Fiorentino
“La Chiesa vi è vicina, è sempre accogliente, specie questa parrocchia. Siate sempre vicini alla Chiesa. Non perdete la speranza”. Papa Francesco si era rivolto così a un gruppo di 40 rom del Campo Nomadi della Tenuta Piccirillo di Prima Porta lo scorso dicembre durante la visita pastorale nella chiesa di San Giuseppe all’Aurelio, a Roma. Sulla stessa falsariga, per esprimere la vicinanza della Chiesa fiorentina, l’arcivescovo Giuseppe Betori si è recato, in occasione della visita pastorale nel comune di Sesto Fiorentino lo scorso 13 Maggio, nel campo nomadi dell’omonimo comune.
Una visita preceduta dal passaggio nella cappella del Polo Scientifico dedicata alla Madonna del Piano, ristrutturata grazie al CNR, che l’ha resa così utilizzabile dai giovani o da quanti transitano da una zona in evidente espansione negli ultimi anni. In proposito, l’arcivescovo ha incoraggiato circa l’utilizzo della cappella il gruppo di giovani presenti, i quali hanno menzionato in proposito qualche possibilità di incontro con il gruppo FUCI .
“Senza di voi la Chiesa non esisterebbe, perché una Chiesa senza malati non andrebbe avanti. Voi siete la forza della Chiesa” aveva esortato i rom Papa Francesco lo scorso Dicembre. Fermatosi al campo di Sesto Fiorentino, l’arcivescovo si è intrattenuto con la settantina di rom presenti sottolineando più volte la necessità, in raccordo con le istituzioni, la Caritas e le parrocchie del territorio, di spingere alla costante scolarizzazione i ragazzi.
Quasi tutti nati in Italia, di origine slava e ancora più anticamente indiana, alcuni degli inquilini del campo vivono a Sesto da 30 anni. Tre i ceppi familiari riconoscibili dal cognome comune, molti i bambini: “è importante – insiste l’arcivescovo – che mandiate bambini a scuola: se non studiano vengono e verranno estromessi dalla società di oggi ancora più che in passato e l’aiuto che vi danno gli operatori è importante affinché vadano ogni giorno a scuola. Dovete guardare al futuro dei vostri figli: non si può ripetere sulle spalle della prossima generazione quello che voi vivete adesso”.
Benedicendo ogni casa del campo, Betori ha evidenziato la necessità di stare vicino a queste persone indirizzandole verso percorsi di legalità e integrazione, che non possono non passare dall’educazione dei ragazzi. “Si tratta certo di un cammino lento – ricorda l’arcivescovo – da portare avanti senza pretendere tutto subito date anche le diversità culturali, ma vorrei sottolineare l’importanza della sinergia tra la parrocchia di San Martino, il Comune, la Caritas, la pastorale dei Migranti e i fondi dell’otto per mille: proseguire questa collaborazione nella comunità permette di non lasciare sulle spalle di poche sensibilità locali questi annosi problemi”.
“La presenza dell’arcivescovo qui mi ha fatto venire la pelle d’oca, donandoci una giornata diversa” afferma uno degli adulti del campo: “prego che i miei figli non facciano gli stessi sbagli miei. Siamo credenti anche noi, il momento che viviamo nonostante cerchiamo di lavorare è difficile ma questa di oggi è una grande emozione”.
Grazie alla sensibilità del gruppo “Mosaico al margine”, all’ufficio per la pastorale dei Migranti diretto da padre Stefano Messina e al parroco don Daniele Bani, della parrocchia di San Martino a Sesto, in diversi del campo hanno chiesto il battesimo, celebrato lo scorso 15 giugno, mentre un gruppo di adulti sta facendo un percorso catecumenale di preparazione allo stesso sacramento. “Constato questa spontanea forma di religiosità di questa gente che non ha timore di manifestare una fede semplicissima e popolare, che ci mostra come la chiamata di Dio attecchisca in luoghi complessi” ha affermato Betori in proposito.
Don Bani sottolinea nell’occasione la necessità di potere contare sul dialogo con le istituzioni, affinché si possa procedere in un percorso attento tanto alla tutela dell’identità culturale di questi nuovi italiani senza al contempo ghettizzare questa comunità in campi che non favoriscono né gli interessati né la comunità circostante. “In fondo, talvolta siamo portati a considerare queste persone, oltre che cittadini, di serie B, dimenticando, forse, che probabilmente nostro Signore si riferiva anche a loro quando parlava di fratelli più piccoli da riconoscere»”, hanno affermato i volontari del gruppo “Mosaico al margine” il cui lavoro scomodo, gratuito, faticoso, difficilmente riconosciuto, se non a tratti criticato da chi non conosce la complessità della questione rom, cerca con i sui limiti di concretizzare l’esortazione dello stesso Pontefice Francesco, per una comunità cristiana che non resti inerme di fronte alla “cultura dello scarto” e abbia il coraggio di “uscire verso le periferie esistenziali”.
Mario Agostino